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Attualità | 26 febbraio 2020, 13:33

In Piemonte i contagi da Covid-19 rimangono fermi a tre. L’ISS: “Serve ridimensionare un grande allarme”

Lo conferma il commissario ad acta per l’emergenza Angelo Borrelli. Il numero di contagiati è stabile da quasi due giorni e fa assumere una posizione rassicurante. Situazione sotto controllo, ma essendo al confine con la Lombardia – dove si contano 258 contagi – è ipotizzabile che le misure di prevenzione possano essere prorogate

Uno dei vertici per l'emergenza Coronavirus al Dipartimento di Protezione civile nazionale

Uno dei vertici per l'emergenza Coronavirus al Dipartimento di Protezione civile nazionale

I contagiati da Coronavirus in Piemonte rimangono fermi a tre.

Lo ha confermato, pocanzi, Angelo Borrelli, commissario ad acta per l’emergenza, durante il punto stampa nella sede della Protezione civile di Roma. I tre casi piemontesi sono tutti riconducibili al ceppo lombardo del Covid-19.

Su scala nazionale, i casi sono 374, con 12 deceduti ed un guarito. Tutte le persone morte per Coronavirus, come appurato dall’Istituto superiore di Sanità, erano già interessate da patologie pregresse.

Il numero di contagiati – stabile da quasi due giorni – e l’esclusione di ceppi in Piemonte fanno assumere una posizione rassicurante. La situazione, nella nostra Regione, è sotto controllo, ma essendo il nostro territorio confinante con la Lombardia – dove si contano 258 contagi – è ipotizzabile che le misure di prevenzione, che fino ad oggi hanno funzionato, possano essere prorogate anche dopo il 29 febbraio.

9662 tamponi effettuati in Italia

Sono 9662 i tamponi effettuati in Italia per individuare la presenza del Covid-19 in eventuali casi ritenuti “sospetti”. Borrelli ha definito il dato “consistente”, lasciando poi la parola a Franco Locatelli, presidente del Consiglio duperiore di Sanità.

Confermiamo che più del 95% dei tamponi effettuati hanno dato esito negativo. – ha detto – Questo dato sarà utile per la definizione del meccanismo di circolazione del virus, ma rafforza la decisione nell’affermare che il rischio di contagiosità è più elevato nei soggetti sintomatici.

È marcatamente più basso invece nei soggetti asintomatici: questo supporta la scelta di riservare l’esecuzione dei tamponi solo nei soggetti che riscontrano sintomi”.

L’approvvigionamento di mascherine coordinato a livello nazionale dalla Protezione civile

Borrelli è tornato sulla carenza, che il coordinatore dell’Unità di crisi piemontese Mario Raviolo aveva definito nei giorni scorsi “mondiale”, delle mascherine protettive.

Ieri abbiamo istituito un coordinamento a livello nazionale per l’approvvigionamento di mascherine, affidato al Dipartimento di Protezione civile. Insieme a Confindustria, abbiamo creato un canale per la fornitura di materiale, compresi anche tutti i DPI, dispositivi di protezione individuale.

Il coordinamento deciderà le quantità di mascherine da inviare a ogni singola Regione. Le prime consegne sono previste in serata”.

Ma le mascherine, “nei soggetti sani, non servono a nulla”

Walter Ricciardi è invece uno dei componenti del Comitato esecutivo dell’Organizzazione mondiale della Sanità, da qualche giorno consigliere del Ministro della Salute Roberto Speranza.

Serve un uso appropriato delle mascherine. – le sue parole - Le mascherine, su una persona sana, non servono a nulla. Servono per proteggere le persone malate dall’espellere con la propria vociferazione il virus ed evitare il contagio. E servono ovviamente per proteggere il personale sanitario, essendo a contatto con il malato.

Le mascherine di garza, che oggi stanno andando a ruba anche sui siti internet, non servono a proteggere i sani. E quelle in dotazione al personale sanitario hanno dei filtri”.

“Serve ridimensionare un grande allarme, che è giusto non sottovalutare, ma che va posto nei giusti termini”

È molto importante – aggiunge Ricciardi – che il Paese si muova unito.

Serve ridimensionare un grande allarme, che è giusto non sottovalutare, ma che va posto nei giusti termini. Siamo di fronte ad una malattia che consente all’80% delle persone di guarire spontaneamente. Tutte le persone decedute avevano già gravi condizioni concomitanti di salute e, probabilmente, qualsiasi infezione virale, non specificatamente quella del Coronavirus, avrebbe portato alla morte. L’influenza normale a volte non uccide direttamente ma crea uno scompenso, in persone già ammalate, che le porta alla morte.

Nell’80% dei casi la persona può stare a casa, in un isolamento domiciliare fiduciario, avvertendo i famigliari”.

“Situazione analoga alla Sars. I virus non spariscono da soli, ma soltanto grazie ad uno sforzo collettivo”

Nel mondo contemporaneo – ha ancora detto Ricciardi – abbiamo avuto alcune pandemie e alcune epidemie. La prima è stata la SARS nel 2002-2003 che è molto riconducibile a questa. Ha analogie anche sul fatto che la prima persona a segnarla è stata un medico.

Nel caso del Coronavirus, in Cina, la mancanza di trasparenza e di una catena di comando ha fatto sì che si verificasse una situazione analoga alla Sars. I virus non spariscono da soli, ma soltanto grazie ad uno sforzo collettivo. La Sars sparì perché tutti i paesi collaborarono e lavorarono sulla base delle evidenze scientifiche, senza forzature.

In Italia probabilmente, dopo i primi casi di Roma, gestiti in modo antologico, ogni Regione ha stabilito a sua discrezione l’uso dei tamponi, che secondo l’OMS andavano fatti solo ai soggetti sintomatici che erano stati in particolari località. Cerchiamo quindi di ricondurre ad un’unitarietà”.

Nicolò Bertola

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