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Sanità | 29 marzo 2020, 13:35

Coronavirus, una voce si fa largo: "Ci siamo anche noi OSS, ma nessuno sembra sapere chi siamo"

L'appello, in giorni così complessi, arriva dal Comitato Tecnico Scientifico degli Operatori Socio Sanitari del Piemonte: "Dietro la mascherina sembriamo tutti uguali, ma non siamo personale sanitario e spesso veniamo dimenticati"

Coronavirus, una voce si fa largo: "Ci siamo anche noi OSS, ma nessuno sembra sapere chi siamo"

"Non c’è messaggio, video, flash mob che non abbia in questi giorni incoraggiato e applaudito l’operato dei sanitari che sono impegnati sul campo per combattere il Covid 19". 

Comincia così l'appello che arriva - in un periodo così difficile - dal Comitato Tecnico Scientifico degli Operatori Socio Sanitari del Piemonte (CTS O.S.S. Piemonte). Che però spiega: "Coperti dalle mascherine e dai DPI sembriamo tutti uguali ma in tanti, forse troppi, a partire dalle istituzioni per arrivare al comune cittadino, non sanno che noi O.S.S. non facciamo parte del comparto sanitario, ma dei tecnici. Ma cosa ancor più triste è che in troppi non sanno neanche chi sono gli Operatori Socio Sanitari e così mentre si moltiplicano i messaggi di solidarietà verso medici ed infermieri noi continuiamo a prenderci cura di tutti coloro che hanno bisogno dell’assistenza di base, ovvero di coloro che necessitano del nostro aiuto per svolgere le normali attività di vita quotidiana. Tutti si sono preoccupati di insegnarci come si lavano le mani, ma coloro che sono impossibilitati a farlo da chi sono aiutati? E non solo per il lavaggio delle mani. Siamo quindi in tanti, invisibili, che si occupano di prendersi cura (non della cura intesa come terapia) delle persone che per un motivo o per un’altro necessitano di assistenza. Lo facciamo non solo in ambito ospedaliero dove ora sono puntati i riflettori, ma anche al domicilio delle persone e nelle Residenze assistenziali sanitarie di diversa complessità". 

Una necessità di farsi individuare e di darsi un'identità visibile anche dall'esterno che ha portato così alla nascita del Comitato. "Ecco perché ci siamo riuniti: vorremmo che le nostre voci e i nostri volti, insieme alla nostra professionalità venissero finalmente conosciute e riconosciute, soprattutto in un momento come questo che più che mai richiede preparazione e competenze che vanno ad integrare quelle più specifiche di medici ed infermieri che sono dirette alla cura intesa come terapia. Vorremmo anche che la nostra tutela sia al pari di quelle figure sanitarie che oggi sono visibili più che mai, ma che loro malgrado oscurano sempre più la nostra di presenza non ritenendoci parte delle tanto acclamate equipe sanitarie, dimenticandosi però che chi è costantemente a contatto con le persone che necessitano di assistenza siamo proprio noi O.S.S. Non siamo un sindacato, perché anche per loro non esistiamo, o meglio siamo visibili perché siamo tanti e quindi potenzialmente potremmo essere “tante tessere”, (questo il sentire comune) ma noi vogliamo essere qualcosa di più di semplici numeri, perché siamo dal punto di vista professionale molto di più di quel che si conosce e di quel che si pensa, e vorremmo poter collaborare con i sindacati per sfatare il sentire comune". 

"Non vogliamo entrare in polemica con nessuno, ma vorremmo che fossero in tanti ad ascoltare ciò che abbiamo da dire (politici, sindacati, colleghi e così via), e vorremmo semplicemente far valere la nostra posizione, parlando con le istituzioni (percorso già iniziato), spiegando loro l’importanza della nostra proposta di legge riguardante l’elenco regionale degli O.S.S., che in alcune regioni è già stata attuata e in altre è ferma per motivi sconosciuti, non rendendosi conto che quell’elenco se fosse attuato oggi, più che mai, potrebbe essere indice di garanzia per colmare la carenza di personale O.S.S. dovuta al COVID19, ma che persiste da molto prima. Vorremmo poter spiegare le condizioni lavorative sul filo della schiavitù, dei contratti part time delle cooperative, che ottengono appalti al ribasso, e poi speculano sugli stipendi e sul personale, a discapito della qualità dell’assistenza offerta; di corsi di formazione che rilasciano attestati che risultano essere non validi con conseguente perdita di denaro da parte di chi ci credeva ed ha fatto sacrifici".

redazione

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