Cultura - 10 luglio 2020, 17:20

Cultura in Piemonte, il Coronavirus fa perdere oltre 100 milioni di euro nei primi sei mesi

Presentato oggi a Torino il report dell'Osservatorio Culturale del Piemonte sul monitoraggio compiuto nei primi sei mesi del 2020. Il direttore Dal Pozzolo: "Ripensiamo modelli di sostenibilità economica e sociale"

Cultura in Piemonte, il Coronavirus fa perdere oltre 100 milioni di euro nei primi sei mesi

Circa 20 milioni di euro per i musei, 17,5 per lo spettacolo dal vivo e 13,5 nel settore cinematografico, cui si aggiungono i contratti interrotti verso le cooperative per forniture esterne e i mancati incassi di operatori e imprese che si occupano della produzione di attività culturali, dagli eventi all’organizzazione di mostre. Supera i 100 milioni di euro la stima delle perdite subite dalla cultura in Piemonte durante i mesi di lockdown, secondo la relazione dell'Osservatorio Culturale presentata oggi al Teatro Carignano di Torino.

L'analisi tiene conto dei primi sei mesi di attività del 2020, periodo in cui si è concentrato il monitoraggio rivolto in tre fasi agli operatori del territorio, con l’obiettivo di fornire un quadro degli effetti diretti e la dimensione complessiva dei danni economici arrecati al sistema culturale dalle misure restrittive del governo. Vi hanno preso parte 958 soggetti attivi nel settore culturale regionale.

Pesano sulle casse delle organizzazioni non solo le entrate mancate ma anche i costi sostenuti durante il periodo di chiusura e sospensione delle attività: 16 milioni di euro, di cui 125 mila euro per i musei. 

Una grossa attenzione è stato poi rivolta all'emergenza dei cosiddetti lavoratori "invisibili", non inquadrati, cioè, nei contratti di dipendenza. Oltre alle partite Iva, i Co.Co.Co., ma anche lavoratori intermittenti (soprattutto dello spettacolo dal vivo), con forme contrattuali che non permettono, nella gran parte dei casi, di essere inclusi nella platea dei destinatari di possibili sussidi. 

Nei diversi rilevamenti degli effetti del Covid sull’occupazione culturale e con l’ultima rilevazione di maggio effettuata dall'Osservatorio, emergono delle evoluzioni: la quota di coloro che hanno avuto accesso a forme di sostegno e di ammortizzatori sociali passa dal 10% della prima rilevazione al 29% della seconda e si attesta sul 44% nel terzo questionario, testimoniando l’allargamento progressivo della platea degli aventi diritto a forme di sostegno e di ammortizzazione delle perdite economiche. 

Un report che, pur dipingendo un quadro drammatico sicuramente in linea con le aspettative post pandemia, fornisce spunti per rilanciare le sfide future. "Pensare a un pubblico più che dimezzato - afferma il direttore dell'Osservatorio Luca dal Pozzolo - ,non significa un automatismo nel chiedere più soldi allo Stato per ripianare le perdite, indipendentemente dalla natura dell’organizzazione, ma implica trovare un altro modello di sostenibilità, economica, sociale e culturale e ripensare completamente la propria missione".

"La conquista del più vasto pubblico possibile - continua -  è un compito etico delle istituzioni, oltre a essere l’indicatore dell’efficacia della redistribuzione delle risorse pubbliche nella società. Un’offerta culturale costretta entro dimensioni di pubblico ridotte al limite dell’elitario deve necessariamente pensare a un diverso modo di diffondere la propria produzione culturale, se vuole mantenere margini di legittimazione sociale per la propria spesa e per la quota di parte pubblica". 

Manuela Marascio

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