Economia e lavoro - 10 novembre 2020, 14:18

Lockdown e smart working strozzano il commercio: i ricavi calano di un terzo. E per 9 aziende su 10 il Centro storico ormai è perduto

Il salotto della città rischia di non risollevarsi dall'emergenza socio-sanitaria, mentre 6 aziende su 10 rischiano di non poter pagare le tasse, mentre le banche concedono meno credito e l'occupazione scricchiola. Coppa (Ascom): "Servivano provvedimenti più rigidi, ma certezze per Natale. Siamo di fronte a provvedimenti parziali, incomprensibili e spesso con enormi pasticci e contraddizioni. E temo per il 2021"

Torino zona Rossa, ormai al secondo lockdown ("leggero" o meno) e con fenomeni come lo smart working e il calo dei consumi che ormai non sono più passeggeri, ma stanno mettendo radici, modificando profondamente abitudini e budget di spesa. Si muove all'interno di questa cornice il mondo del commercio cittadino, che dopo un periodo di relativo sollievo ora è ri-piombato nella preoccupazione, se non nel panico.
"Avremmo voluto provvedimenti più rigidi, ma che ci dessero la certezza di poter lavorare a Natale, quando una volta si faceva il 40-50% del fatturato annuale: siamo di fronte a una situazione davvero drammatica - dice Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Torino e provincia -. Siamo invece di fronte a provvedimenti parziali, incomprensibili, che spesso dobbiamo rincorrere visto che ci sono pasticci enormi di interpretazione, come quella sugli ambulanti, o come le calzature che sono rimaste escluse dai ristori. La confusione è enorme, come le regole per il non alimentare nei mercati e ci viene sempre più difficile dare risposte alle nostre imprese. Intanto non c'è ricambio nel commercio, con le nuove aperture di imprese che calano del 21% e un calo stimato di circa 1000 neo-imprese per commercio e terziario, mentre a livello occupazionale i timori sono forti, con 35mila unità in meno rispetto al 2019, anche per i problemi avuti dal turismo. Senza dimenticare quello che potrebbe capitare alla fine della cassa integrazione o con lo sblocco dei licenziamenti".

Provvedimenti troppo parziali e fiducia a picco
"I famosi ristori sono importanti, ma insufficienti a sanare le perdite enormi che hanno le nostre imprese - dice ancora la presidente dei commercianti torinesi -. Sono briciole rispetto al dramma delle imprese e anche il credito è appesantito da questa situazione, perché le banche faticano ad avere fiducia verso imprese che non sanno come barcamenarsi per i prossimi mesi. Il vero dramma si vedrà nei prossimi trimestri e siamo preoccupatissimi per il 2021".

"La situazione della fiducia, rispetto a 3 mesi fa, è decisamente peggiorata, nonostante un momento di leggera positività nei mesi estivi. Ma se parliamo di commercio parliamo solo di cicatrici e ferite ancora aperte - prosegue Coppa -. E a fronte della zona Rossa in Piemonte abbiamo intere, importanti fette di mercato completamente chiuse. Questo crea disperazione tra gli imprenditori. E c'è chi, tra eventi e discoteche, da marzo non ha praticamente mai riaperto. E imprese come quelle del settore abbigliamento che hanno chiuso con magazzini pieni di materiale primavera/estate e dopo aver recuperato un po' di ossigeno, anche se solo con i saldi non si fa impresa, ora devono richiudere con i magazzini pieni di capi autunno/inverno. Non è questione di bonus, ma di come si possa gestire la situazione da qui a fine anno".

"C'è molta preoccupazione perché temiamo che, provvedimento dopo provvedimento, si allunghino soltanto i tempi per arrivare a una chiusura ancora più rigorosa in prossimità del periodo di Natale - aggiunge il direttore di Ascom Torino, Carlo Alberto Carpignano -. Il mondo del commercio è quello che è chiamato più di tutti a dare il proprio contributo di sacrificio e responsabilità, ma si avvicinano mesi fondamentali per la permanenza e la sopravvivenza sul mercato mentre le regole sembrano farraginose e incerte".


I ricavi crollano di quasi un terzo rispetto al 2019, il Centro storico è in ginocchio: per 9 su 10 non tornerà come prima
I numeri dell'ultima indagine congiunturale di Ascom Torino e provincia non possono che accompagnare queste preoccupazioni: le imprese del commercio tradizionale registrano un abbattimento dei consumi a causa di smart Smart working e dell’e-commerce.
Le imprese del terziario a Torino hanno perso in media il 36% dei ricavi nel primo semestre del 2020, mentre nel secondo semestre (a ottobre, quindi ancora parziale) la previsione era del 29%, con proiezione del -32% sull'anno, quindi circa un terzo. Con situazioni come gli alberghi o il turismo in cui i cali sono stati anche molto più disastrosi.

La più grande paura è però per il Centro Storico di Torino: la zona ormai è allo stremo e a essere colpite sono soprattutto quelle categorie che più avevano investito per adeguarsi alle norme anti-contagio. Il 43% delle aziende ritiene che l'impatto sarà abbastanza considerevole, ma addirittura il 47% pensa che il centro storico risulterà completamente stravolto: il 90% dunque prevede effetti negativi sul salotto cittadino dopo l'emergenza sanitaria e socio-economica. Nove aziende su dieci.
Nel mirino lo smart working (78%), il calo dei turisti (73%), le limitazioni personali (65%), quindi incertezza economica (63%) e l'annullamento degli eventi. Ecco perché il 73% è d'accordo con l'idea di svincolarsi da un concetto di Torino che ruota intorno a un solo centro, ma che possa essere "policentrica", sia ridistribuendo risorse e attività, sia creando eventi capillari sul territorio.

L'83% ormai pensa che siano gli acquisti online la vera minaccia per i canali tradizionali, più della prudenza nella spesa da parte delle famiglie. "Ma il vero problema è che i big del digitale pagano tasse in maniera completamente diversa rispetto alle nostre aziende che, anche se si digitalizzassero, dovrebbero combattere ad armi completamente impari".


Gli effetti su occupazione e credito
Sul lato dell'occupazione, a fronte del blocco dei licenziamenti che durerà fino a marzo, a Torino e provincia le nuove assunzioni sono scese del 41% tra gennaio e giugno (-35mila assunzioni), tornando sotto i livelli del 2014. Ma secondo gli imprenditori il periodo più difficile per l'occupazione sarà il secondo semestre del 2021, quando verranno meno le tutele per legge.

Peggiorano i tempi di pagamento, ma anche il credito mostra segni di sofferenza: calano le aziende che si sono recate in banca a chiedere un prestito (dal 41 al 37%), ma è in calo anche la percentuale di coloro che, chiedendolo, hanno ricevuto credito (dal 67 al 59,5%). Aumenta invece la "fetta" di chi ha trovato un irrigidimento: dall'11 al 28%.


Problemi con il fisco
Il 59% delle aziende prevede di avere difficoltà con le scadenze fiscali, tra un 47% che prevede di averne "abbastanza" e il 12% che pensa addirittura che avrà "molti" problemi. Sono soprattutto ristorazione (77%), ricettività turistica (75%), commercio non alimentare (69%) e servizi alla persona (59%) a temere da questo punto di vista.

Massimiliano Sciullo