Economia e lavoro - 08 marzo 2021, 13:05

Covid e cassa integrazione: in Piemonte gli stipendi si sono "svuotati" di 745 milioni di euro

La nostra regione è alle spalle solo di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna: in media, ogni lavoratore ha perso circa 1200 euro in un anno

operaio in primo piano con caschetto di sicurezza in mano

La cassa integrazione ha ridotto notevolmente gli stipendi dei lavoratori coinvolti

Ben 745,5 milioni di euro: ecco quanto manca - a causa della crisi socioeconomica da Covid - nelle tasche dei lavoratori piemontesi al termine di un 2020 nel segno della cassa integrazione per tutte quelle categorie di lavoratori che hanno visto ridotto il proprio operato.
Il dato nazionale ammonta a 8,7 miliardi di euro (senza contare Irpef e addizionali) e se la Lombardia guida la classifica nazionale con la perdita più pesante (2,2 miliardi di euro, quindi un quarto del totale italiano), la nostra regione si piazza subito alle spalle di Veneto (964 milioni di euro netti persi dai cassintegrati) ed Emilia Romagna (840 milioni).

Lo mette nero su bianco una ricerca effettuata dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della UIL che ha elaborato i dati Inps delle ore autorizzate di cassa integrazione salariale su cui sono state condotte le simulazioni.
Per il Piemonte, la somma si raggiunge sommando i quasi 459 milioni di euro di retribuzione netta mancante della cassa ordinaria, i poco più di 111 milioni della cassa in deroga e i 175 milioni della Fis e dei fondi bilaterali. 
Complessivamente, in Piemonte negli ultimi 12 mesi sono state approvate quasi 371 milioni di ore di ammortizzatori sociali: 228 milioni in cassa ordinaria, 55 milioni di cassa in deroga e 87 milioni abbondanti di Fis e fondi bilaterali.

In un anno ogni lavoratore ha perso oltre 1.200 euro

Sulle singole retribuzioni mensili dei dipendenti, tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di tredicesima e quattordicesima, in due mesi le buste paga si sono alleggerite mediamente dal 9,6% al 39%, a seconda delle ore di cassa integrazione. "A fronte di circa 4,3 miliardi di ore di cassa integrazione autorizzate nell’anno 2020, numeri mai raggiunti in precedenza, i 7 milioni di beneficiari hanno perso, mediamente, 1.243 euro netti pro-capite annui - spiega Ivana Veronese, segretaria confederale della UIL -. Da una nostra simulazione, un dipendente in cassa integrazione per tre mesi a zero ore (con un reddito lordo

annuo 20.980), tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di tredicesima e quattordicesima, perderebbe 1.611 euro netti annui; con sei mesi di cassa integrazione, lo stesso dipendente subirebbe una riduzione pari a 3.229 euro netti annui, mentre con nove mesi di cassa integrazione la riduzione ammonterebbe a 4.898 euro netti annui; infine, con dodici mesi la riduzione sarebbe pari a 6.611 euro annui".

"Velocizzare le procedure, ma anche alzare i massimali"

Alla luce di questi numeri, dunque, accanto alla necessità di velocizzare e semplificare le procedure, l'altro tema sul tavolo è legato "alla revisione dei tetti massimi del sussidio della cassa integrazione e della loro rivalutazione - prosegue Veronese - fissati oggi per Legge, a 998,18 euro lordi mensili per retribuzioni inferiori o pari a 2.159,48 e a 1.199,72 per retribuzioni superiori a 2.159,48 euro".

Massimiliano Sciullo

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