Sarebbero tre i punti vendita Carrefour a rischio cessione in franchising (dei 106 su scala nazionale) soltanto a Torino. Con il passare delle ore si va infatti dipanando a livello territoriale l'impatto che il nuovo Piano di rilancio presentato dal gruppo francese potrebbe avere nella nostra provincia. E accanto all'aspetto dei negozi, desta preoccupazione anche quello occupazionale.
Ecco dove sono gli esuberi, a Torino e provincia
Da un lato, infatti, si parla di esodo incentivato di lavoratori su base volontaria. Ma i sindacati vogliono vederci chiaro: "Ci è stato comunicato che gli esuberi sono 715 - spiega Luca Sanna, di Uiltucs -, ma non è detto che sia questo il numero massimo, perché è una cifra calcolata nei cosiddetti 'full time equivalenti', quindi potrebbero anche essere 1430, ovvero il doppio, se fossero coinvolti tutte persone con contratti part time".
Di questi, secondo le cifre in possesso dei sindacati, almeno 66-67 "full time equivalenti" sarebbero in Piemonte. E a Torino e provincia il quadro è di 16 esuberi a Grugliasco, 11 a Nichelino (cui se ne sommano altri 4 per il punto vendita a insegna Docks), 14 nel punto vendita di corso Montecucco, 4 a Rivalta, 6 a Burolo (più un altro sempre sotto Docks), 3 a Collegno, 4 a Moncalieri, 2 in corso Bramante, uno in corso Grosseto. "Gli ipermercati convolti sono in tutto 13, nel Torinese - dice Sanna -, ma a questi esuberi se ne sommano altri 50 legati ai vari punti vendita a marchio GS, su cui non abbiamo ancora dettagli".
La paura che si ripetano casi del passato
L'altra faccia della stessa medaglia riguarda invece i punti vendita che potrebbero passare di mano: 106 a livello nazionale, ma almeno 3 di questi a Torino. "Anche in questo caso - dice l'esponente Uiltucs - non sappiamo ancora quali siano, quelli in procinto di cambiare proprietà. Ma la strada è quella che nel passato recente è stata seguita dai negozi di via Tripoli, Carmagnola e Orbassano".E proprio la recente esperienza di via Tripoli mette apprensione ai rappresentanti dei lavoratori. "Se gli imprenditori sono come quelli che sono passati in via Tripoli, c'è poco da stare tranquilli - dice ancora Sanna - perché da un lato è vero che la legge prevede che con il passaggio in franchising per i dipendenti non cambi nulla, ma questa è la teoria: nella pratica, chi cambia insegna non sarà più dipendente di una multinazionale, ma di una realtà più piccola, magari meno solida e magari al debutto, senza tutta quella contrattazione di secondo livello che invece c'è in Carrefour".
Carichi di lavoro per chi non "esce"
A conferma di questa incertezza su chi raccolga le redini dei punti vendita dati in franchising, voci insistenti raccontano che in queste settimane stia addirittura girando una mail in cui si propone ai dipendenti stessi se vogliono mettersi alla prova rilevando un negozio. Ma per ora, appunto, sono voci. "Aspettiamo di leggere la procedura - conclude Sanna -, ma non siamo disponibili a fare la politica dei due forni: servono garanzie in tutti e due i campi, sia per gli esuberi che per il passaggio in franchising". E ancora sugli esuberi, non manca una riflessione di medio periodo: "Da poco meno di 30mila nel 2010 si è passati agli attuali 19mila dipendenti: ogni due anni varano un piano e tagliano posti di lavoro. Un problema che riguarda chi esce, ma anche i carichi di lavoro per chi resta".
Carrefour: "Continueremo a investire"
Carrefour, contestualmente, difende il proprio Piano di rilancio con cui - si legge in una nota - si conferma "la volontà dell'azienda di restare e continuare ad investire in Italia, con l'obiettivo di tornare alla profittabilità e ad una crescita duratura e sostenibile".
E sulle uscite, Carrefour ribadisce come "il piano di esodi incentivati presentato ai sindacati sarà gestito su base esclusivamente volontaria tramite l’attivazione di una procedura formale come previsto dalla legge, e coinvolgerà circa 600 collaboratori dei punti vendita diretti su tutto il territorio nazionale e 170 collaboratori della sede centrale. L’azienda conferma l’impegno, nell’ambito del confronto con i sindacati e con le istituzioni preposte, ad assicurare ad ogni collaboratore coinvolto la migliore soluzione possibile, favorendo il ricollocamento interno e percorsi per l’imprenditorialità".